giovedì 1 maggio 2008

Antonio Picariello
… Angelo Colangelo è il linguaggio, è il pensiero costante nella continuità di senso svolto e srotolato da decenni sulla scìa armonica dell’estetica primitiva, forte, oltrepassante la storia dell’arte che pure in qualche modo gli dovrebbe rendere riconoscimenti e rispetto. Le sue espressività, il segno tracciano un equilibrio calibrato che ignora tutte le sinapsi mentali centrando direttamente, a guisa di cecchino esperto e navigato, il punto più sensibile del fegato, la parte anatomica tanto amata dal rituale antropofago nel rispetto del valore del nemico. E allora etnologia? No grazie. Arte semantica dell’arte, estetica e anche storia dell’arte perché no….e allora ricaviamo da questa magnificenza della ricerca un punto di partenza, sebbene soggettivo, per arrivare ad una sola opera che da anni mi scuote e mi meraviglia come quasi mai nell’arte. “La Venere di Milo”. La prima volta l’ho incontrata su un catalogo e ne parlai immediatamente in un convegno in cui si discuteva di tutt’altro. Quell’opera mi aveva così prepotentemente risvegliato il senso della bellezza che rinunciai all’argomento per riorganizzarlo in discorso estetico.…

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